Cenni storici sul Patriziato generale di Olivone Campo e Largario

Nel 1136 l’Ospizio di Casaccia riceve dai “vicini majores et minores” una parte come diritto di vicinanza sui beni comuni quale sussidio per la gestione dello stesso Ospizio. Già allora di conseguenza la Vicinanza di Olivone esisteva ed i Vicini erano responsabili dell’utilizzazione dei pascoli del Lucomagno, tanto da poter concedere ai titolari dell’Ospizio gli spazi necessari affinché aiutassero pellegrini e viandanti che sostavano in quella zona percorrendo la via del Lucomagno.

Troviamo molte testimonianze riferite alla “Vicinanza di Olivone” anche all’inizio del 1200, quando, ad esempio, il 3 novembre 1200, i Nobili di Locarno vendono alla Vicinanza di Olivone, la loro quota parte sull’alpe di Predasca. Nell’archivio patriziale è conservata la pergamena originale. Un documento del 23 maggio 1205 testimonia di una convenzione fra Vicini di Olivone e quelli di Semione a proposito del ponte Xamina (Semina) che da Stubierio doveva dare accesso al versante destro della valle per raggiungere la Camadra.

Gli atti più importanti che hanno contraddistinto la creazione delle vicinie sono particolarmente riferiti ad una costante acquisizione di beni e di diritti provenienti da molte famiglie nobili, che dominavano la Valle di Blenio.
Tale fenomeno si è verificato nel periodo in cui molti servi e sudditi di famiglie nobili, quali i Da Torre, i De Sacco, gli Orello ed altre, concedevano delle libertà ed una certa autonomia a quelli che sino a quel momento furono loro garzoni (o addirittura loro schiavi).
L’acquisto di molte parti di territorio corrispondeva anche alla scomparsa di antichi proprietari e al disinteresse che i loro successori nutrivano nei confronti delle attività alpestri e rurali che venivano esercitate in Alta Blenio all’inizio del secondo millennio.

Contemporaneamente alla spartizione dei beni fra le vicinie locali avveniva quella legata alla destinazione di fondi a sostegno delle chiese, considerando che a quei tempi (Chiesa, nel senso di Parrocchia) e Vicinia rappresentavano gli unici due enti con scopi pubblici chiamati ad operare sul territorio con compiti comunitari. Anche i documenti che fanno riferimento alle attività dei due enti, corrispondono all’inizio del secondo millennio dell’era volgare.

Per meglio adattarsi ai bisogni rurali e forestali del tempo il territorio dell’attuale Patriziato generale di Olivone, Campo e Largario era ripartito in tre “Degagne”, alle quali erano affidati dei precisi compiti riferiti alla gestione del territorio. I tre Consoli amministratori delle rispettive Degagne costituivano però il “Vicinato interno”, in seno al quale si discutevano gli affari che interessavano l’intera giurisdizione viciniale.

L’Assemblea dei vicini radunata su ordine e sotto la presidenza dei Consoli, si riuniva sul sagrato della chiesa di San Martino di Olivone, nella sagrestia della quale era conservata la cassa, munita delle tre serrature corrispondenti ai rispettivi tre Consoli, dove erano conservati tutti i documenti riguardanti gli affari comunitari.
Molti verbali, atti e decisioni relativi a questioni di pascoli, dell’utilizzazione dei boschi ma anche a provvedimenti di protezione che venivano adottate, contengono il riferimento alle adunanze dei Vicini che si svolgevano sul sagrato e sotto i portici della chiesa.

Nel 1669, per ordine degli uomini della Vicinanza di Olivone,il notaio Giovan Battista Emma ha allestito un compendio di tutti i documenti che in quel momento si trovavano nella cassa situata nella sacrestia della chiesa parrocchiale. Si è trattato in pratica di raggruppare quello che attualmente verrebbe definita la giurisprudenza che doveva orientare l’operare della vicinia. Per i Vicini e in seguito per il Patriziato, durante molti anni quel riassunto di documenti venne definito “il Libro Bianco” del Patriziato. Oltre alle tre degagne ufficiali esistevano tuttavia anche delle ulteriori vicinanze formate da poche famiglie che si occupavano di compiti più particolari, quali ad esempio la cura degli oratori che esistevano nelle singole frazioni. Talune di queste vicinanze avevano inoltre dei diritti particolari anche sull’utilizzazione di parti di pascoli o alpi. Particolari in questo senso quelli spettanti a vicini di Campo Blenio, oppure a quelli di Largario.

Con l’istituzione del Cantone Ticino nel 1803 e di conseguenza dei comuni politici le competenze delle vicinie vennero poste un po’ in secondo piano.
Occorre ricordare che già da parte dei Nobili di un tempo, ma poi anche dopo il 1500, quando a governare le nostre Valli erano subentrati i Landfogti dei cantoni primitivi, ai Vicini erano state lasciate molte competenze, dipendenti forse dal fatto che erano considerati coloro che conoscevano meglio le caratteristiche ed i bisogni dei loro luoghi.
Esempio della fiducia esistente nei confronti della vicinia, anche in campo religioso, e quindi da parte della Curia milanese, dalla quale allora si dipendeva, erano i diritti di patronato (Jus Patronato) che gli arcivescovi di Milano affidavano alla Corporazione dei vicini per avere un controllo sui cappellani responsabili delle scuole e degli Ospizi esistenti sulla strada del Lucomagno a Camperio e a Casaccia.

Nel Libro Bianco si trovano però anche decreti interessanti circa la conservazione della “fabre” ora chiamate faure, o boschi protettori.
Il 18 giugno 1584 con Istrumento rogato dal notaio Giacomo Emma venivano stabilite le Faure protettrici per molte parti del territorio patriziale, dove esisteva il divieto di falciare, far strame o tagliar legna, allo scopo di impedire che il suolo si indebolisse e si formassero scoscendimenti, tali da minacciare le zone abitate, i terreni produttivi e le vie di comunicazione.
Tali principi vennero poi ripresi oltre duecento anni dopo nelle leggi forestali federali e cantonali.

Al momento della costituzione del Cantone Ticino il 20 giugno 1803 veniva stabilito che le Municipalità erano abilitate a nominare delle camere economiche intese come commissioni preposte alla gestione dei beni viciniali.
Tale principio fu tuttavia subito modificato e con legge del 1812 lo Stato riconosceva taluni diritti solo alle famiglie patrizie.
Il 1° giugno 1835 il Gran Consiglio ticinese emanava la prima Legge organica patriziale, mediante la quale venivano precisate le competenze dal profilo del “godimento ed amministrazione dei beni del Patriziato”.
Sono stati necessari alcuni anni affinché le vecchie strutture delle “Degagne” e della Corporazione dei Vicini interni di Olivone Campo e Largario riuscissero ad adattarsi alle nuove disposizioni cantonali.
Ciò avvenne anche a dipendenza dell’articolo 1. della nuova Legge organica che prevedeva:
“I soli cittadini patrizi d’un Comune (conosciuti sotto il nome di Vicini) hanno diritto al godimento ed all’amministrazione dei beni del patriziato in conformità della presente legge”. I vecchi diritti erano in tal modo salvaguardati.
La separazione ufficiale fra Comune di Olivone e Patriziato generale di Olivone Campo e Largario avvenne solo il 12 luglio 1855, quando all’Ufficio patriziale vennero consegnati tutti i vecchi documenti conservati nel cassone della sagrestia della chiesa parrocchiale. Primo presidente è stato Emma Giovan Battista.
Per molti anni il Patriziato ha continuato a reggersi sulla base della Legge Organica patriziale e della giurisprudenza elencata nel “Libro Bianco”. Solo il 10 maggio 1925 viene approvato il primo “Regolamento generale, patriziale e forestale e degli alpi, del Patriziato di Olivone Campo e Largario”. Ne susseguirono un nuovo regolamento nel 1967 e quello attualmente in vigore del 9 novembre 1998.
La Corporazione dei Vicini Interni, formata dai rappresentati delle tre Degagne, rimase tuttavia attiva fino al 1994, quando con l’entrata in vigore della nuova Legge organica patriziale dello stesso anno e del relativo Regolamento, non venne più riconosciuta. Le relative competenze vennero lo stesso anno assunte dal Patriziato generale.

Grazie a Giovanni Canepa per lo scritto.

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